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Infezioni virali trasmesse da zanzare e altri artropodi, per UniPi news
Pisa a capo del progetto GENESIS.
La fondazioner PNRR INF-ACT, attiva in ambito One Health e malattie infettive emergenti, ha
erogato un finanziamento di 2,5 milioni di euro per studiare i meccanismi di malattia e di
persistenza di virus quali Chikungunya, Dengue, Toscana, West Nile (WNV) e Zika. Lo studio,
il cui acronimo è GENESIS, sarà condotto da un consorzio di enti di ricerca pubblici e privati e di imprese coordinati da Mauro
Pistello (nella foto in basso), ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica dell'Università di Pisa e direttore dell'Unità
operativa di Virologia dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana (Aoup).
L'obiettivo di GENESIS è quanto mai attuale visto il continuo aumento del numero di casi e dell'area
geografica in cui questi sono segnalati. Dall'ultimo bollettino OMS risulta che da inizio anno al 30
aprile 2024 vi sono stati oltre 7,6 milioni di casi per la sola Dengue, segnalati in ben 90 diversi
Paesi e che hanno causato oltre 3.000 decessi.
Tra questi Paesi vi è anche l'Italia: per il solo Dengue nei primi cinque mesi del 2024 sono stati diagnosticati 250 casi, 6
volte in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Si tratta al momento di soli casi di importazione ma, vista la presenza della
zanzara vettore in Italia, sono attesi anche focolai autoctoni nel periodo estivo come avvenuto dal 2020 in poi.
Cambiamento climatico, presenza di insetti vettore, viaggi e commercio globale sono tra i principali
fattori responsabili della diffusione delle arbovirosi, come sono chiamate comunemente. A questi
però si associano altri elementi quali la persistenza del virus nell'uomo e in animali con meccanismi
ancora poco conosciuti ma che hanno rilevanti ricadute nella diffusione dell'infezione e nella salute
pubblica.
GENESIS analizzerà ciclo replicativo, danno cellulare e d'organo di diversi arbovirus e valuterà
specifici fattori cellulari come potenziali bersagli per terapia antivirale. Lo studio esaminerà inoltre la
risposta anticorpale indotta dal virus Toscana, un arbovirus endemico in Italia e soprattutto nelle
nostre zone, in campioni seriali di pazienti per identificare biomarcatori di patogenicità e persistenza e migliorare gli attuali
test diagnostici.
Oltre ad Aoup e Università di Pisa, del consorzio fanno parte il Centro internazionale di Ingegneria genetica e Biotecnologie
(Trieste), l'Istituto nazionale per le malattie infettive "Lazzaro Spallanzani" (Roma), l'Istituto nazionale tumori "Fondazione
Pascale" (Napoli), la Fondazione TIGEM Telethon (Napoli), l'Ospedale San Raffaele (Milano) l'Università del Piemonte
orientale e l'Università di Trento oltre a due aziende private.
In linea con gli obiettivi di INF-ACT, GENESIS aumenterà le conoscenze dell'interazione virus-ospite
di questi virus emergenti e porterà al miglioramento delle strategie di prevenzione, trattamento e
controllo.
(Fonte: Ufficio Stampa AOUP. De UniPi news, 24 giugno 2024). En breve la Versione Spagnola.
...work in progress!
L’Università di Pisa riscopre un prezioso codice medievale perduto da secoli, per UniPinews
Al suo interno diverse vite di santi, tra cui un'inedita Vita di San Terenzio, e il racconto del viaggio in Terrasanta di un cimatore pontremolese...
"Non se ne avevano più notizie da quasi tre secoli, ma adesso, grazie al lavoro di un gruppo
interdisciplinare di studiosi dell'Università di Pisa, la reale identità di quello che oggi è conosciuto
come manoscritto Beinecke Ms. 1153 è stata finalmente svelata.
Si tratta di un prezioso manoscritto un tempo appartenente alla diocesi di Luni e protagonista, a
partire dalla seconda metà del Settecento, di un avventuroso viaggio che, tra lasciti testamentari e
compravendite, l'ha portato fin negli Stati Uniti. Più precisamente, sugli scaffali della Beinecke Rare Book and Manuscript
Library dell'Università Yale.
Rinvenuto da un appassionato e digitalizzato, il manoscritto è così arrivato all'Ateneo pisano dove è stato individuato,
riconosciuto e studiato da Paolo Pontari, filologo del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica; Enrica Salvatori,
storica del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, e dall'agiologo Gianni Bergamaschi.
"Il testo, ascrivibile alla seconda metà del Trecento, è una fonte preziosissima per la comprensione del medioevo toscano e
lunigianese e ha portato e porterà ad importanti scoperte storiche – spiega la professoressa Enrica Salvatori – Si tratta di una
miscellanea che contiene diverse vite di santi, tra cui un'inedita Vita di San Terenzio, il racconto del viaggio in Terrasanta di
un cimatore pontremolese, l'ordinamento dei canonici della cattedrale di Luni, calendari, schemi lunari e un trattato per
l'individuazione della Pasqua".
"Lo studio che stiamo conducendo sul manoscritto Beinecke è trasversale a tutti i testi che compongono
questa interessante miscellanea di chiara origine lunigianese – aggiunge il professor Paolo Pontari – Fra i
documenti contenuti nel manoscritto si evidenza, però, un testo odeporico, la cui edizione critica,
attualmente in preparazione, ci permetterà di seguire le tracce del cimatore Franceschino da Pontremoli nel
suo pellegrinaggio a Roma e in Terrasanta".
"L'interesse di questo manoscritto è costituito proprio dall'eterogeneità dei testi che contiene, la maggior parte dei quali sono
agiografici ma che non sono disposti secondo il ciclo liturgico annuale – conclude l'agiologo Gianni Bergamaschi -
Il problema che resta aperto è capire per quali motivi sia stato confezionato un codice di questo genere, in cui anche i testi
agiografici sono disomogenei: alcuni sono molto ricchi, altri sono più poveri.
In più, c'è una grossa componente francescana, ma nel mezzo compaiono anche santi la cui
presenza in questo contesto è difficilmente comprensibile, come nel caso di Sant'Ivo di Bretagna
e Audomaro di Thérouanne. Come ci siano finiti è tutto da scoprire".
(De: UniPi news, 7 maggio 2024. Immagini della web UniPi y Google)
Le canoe neolitiche del Lago di Bracciano hanno più di 7000 anni per UniPi news
Hanno tra i 7000 e i 7500 anni, le cinque canoe ritrovate tra il 1994 ed il 2005 nel sito sommerso
della Marmotta, sotto le acque del Lago di Bracciano (Roma). A datarle, dopo anni di studi, è
stato un gruppo di ricerca guidato dall'Università di Pisa, dal Museo delle Civiltà e dal CSIC, che ha
da poco pubblicato i risultati delle indagini sulla rivista PLOS.
"La Marmotta è un sito eccezionale – racconta uno dei direttori del progetto di ricerca, il professor Niccolò Mazzucco
dell'Università di Pisa - Si trova sotto le acque del Lago di Bracciano dove, in condizioni anaerobiche, si sono conservati
reperti che in condizioni normali vanno distrutti. È qui che, tra il 1994 e il 2005, grazie agli scavi dell'allora Soprintendenza
Speciale per il Museo Preistorico Etnografico 'Luigi Pigorini' oggi Museo delle Civiltà, sono state ritrovate le cinque canoe
oggetto del nostro studio"
"Si tratta di imbarcazioni eccezionali per il loro stato di conservazione e per le loro dimensioni, con
la più grande che è lunga circa 11 metri - prosegue Mazzucco - Ma soprattutto sono canoe le cui
caratteristiche rivelano una tecnologia di navigazione notevolmente avanzata.
Oggi, finalmente, grazie alla datazione al carbonio 14, eseguita presso il Centro Nazionale di
Acceleratori (CNA), possiamo affermare con certezza che queste imbarcazioni hanno un'antichità compresa tra 7.500 e 7.000
anni".
"La complessità tecnica con cui è stato realizzato sia lo scafo dell'imbarcazione, sia certi elementi ad
essa associati, sono sorprendenti. Senza dubbio siamo di fronte al lavoro di veri ingegneri navali -
osserva Mario Mineo del Museo delle Civiltà – Oltre a ciò, i dati confermano che la costruzione delle
canoe coincide con il momento di occupazione del sito, più o meno tra il 5620 e il 5300 a.C., quando qui vivevano i primi
gruppi di agricoltori e pastori che occupavano il centro della penisola italiana. E questo ci permette di affermare che si tratta
delle canoe più antiche del Neolitico in tutta Europa".
Il luogo del ritrovamento - Il sito della Marmotta, scavato tra il 1992 e il 2006, si trova sommerso a circa 300 metri dalla riva
attuale e a circa 11 metri di profondità. Al suo scavo hanno partecipato specialisti di archeologia subacquea. È qui che, tra il
1994 ed il 2005, furono ritrovate le cinque canoe e gli oggetti nautici ad esse collegati. Reperti che mostrano la spiccata
capacità delle società neolitiche per la navigazione e il loro elevato livello tecnologico. Questa tecnologia nautica è stata parte
essenziale del successo della loro espansione, considerando che in pochi millenni hanno occupato tutto il Mediterraneo, da
Cipro alla costa atlantica della Penisola Iberica.
La datazione (delle) cinque canoe sono state analizzate nel corso del progetto di ricerca sulla
Marmotta diretto da Niccolò Mazzucco, ricercatore dell'Università di Pisa, assieme a Mario Mineo,
conservatore del Museo delle Civiltà adesso in pensione, e a Juan F. Gibaja, ricercatore del CSIC de
la Institución Milà y Fontanals de Investigación en Humanidades (IMF-CSIC). La datazione è frutto di un lavoro di ricerca i cui
risultati sono stati da poco pubblicati sulla rivista PLOS e guidato dall'Istituto Milà y Fontanals de Investigación en
Humanidades (IMF-CSIC) con la partecipazione della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma (EEHAR-CSIC), del
Museo delle Civiltà (Roma), dell'Università di Pisa (Pisa) e del Centro Nazionale di Acceleratori (CNA), a Siviglia.
(De: UniPi News, 4 aprile 2024)