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Sulle Ande peruviane per studiare l’evoluzione dei ghiacciai per la UniPinews
"È arrivato da pochi giorni nella regione Arequipa in Perù il professor Adriano Ribolini, docente
del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, che nelle prossime settimane
effettuerà una serie di indagini su due ghiacciai tropicali delle Ande centrali (Nevado Coropuna
e Quelccaya Icefield) lavorando in un team internazionale di ricercatori.
L'attività fa parte del progetto Motice (Modelling and monitoring tropical ice in South Peru: glaciers, rock glaciers and
permafrost), guidato dalla spagnola National Distance University (UNED) e finanziato del Ministero della Scienze e
dell'Innovazione del governo spagnolo, e ha lo scopo di ricostruire l'evoluzione di questi ghiacciai a partire dagli anni '60 e
sviluppare modelli predittivi proiettati fino al 2100 secondo diversi scenari climatici.
"Questi ghiacciai sono scientificamente strategici perché si trovano ai tropici e quindi hanno una
sensibilità particolare all'attuale riscaldamento planetario – spiega il professor Ribolini – ma
soprattutto rappresentano dei chiari esempi di risorsa d'acqua che alimenta numerosi insediamenti
anche di dimensione rilevante posti in regioni aride della terra.
L'attività progettuale è variegata, il mio compito sarà quello di effettuare misure di spessore del
ghiacciaio Nevado Coropuna con una strumentazione Ground-Penetrating Radar, fornendo dati cruciali per il successivo
modelling. L'ambiente di lavoro sarà sicuramente affascinante, ma anche impegnativo, perché prevede di fare attività di
rilevamento e misure strumentali a quote tra 4500 e 5500 metri".
L'attività progettuale è costituita da misure di carattere glaciologico (topografico e nivologico),
remote sensing dei ghiacciai (analisi di immagini aeree e satellitari riprese a partire dal secolo
scorso), geomorfologiche (studio dei depositi abbandonanti dai ghiacciai nel processo di ritiro, e
della presenza di orizzonti sotto-superficiali permanentemente congelati-Permafrost).
In particolare, l'attività dei ricercatori si prefigge di descrivere le modalità e le velocità del ritiro di questi ghiacciai tropicali (situati a circa 15° di latitudine sud) a partire dagli anni '60, osservando anche le conseguenti trasformazioni del paesaggio e iniziando un programma di monitoraggio del bilancio di massa dei ghiacciai.
Tra gli obiettivi del progetto c'è anche creare un modello che possa riprodurre il pattern di ritiro dei
ghiacciai esaminati nell'intervallo di tempo 1960-2020 e utilizzare il modello per predire l'evoluzione
dei ghiacciai esaminati dal 2025 al 2100 secondo diversi scenari climatici, valutando la perdita di
risorsa d'acqua.
Il progetto va dunque ad analizzare una situazione ambientale critica nelle regioni aride andine, me che potrebbe essere una
possibile prospettiva anche per le nostre regioni alpine nei prossimi decenni: "Oltre all'importanza scientifica dei risultati
ottenibili, che si collocano nel solco dello studio del climate change, la ricaduta della ricerca per la società civile è collegata al
tema della risorsa d'acqua, minacciata dai cambiamenti climatici globali anche alle nostre latitudini, come evidente dalla
cronaca nazionale – conclude Ribolini – Il progetto ha anche connessioni con altre iniziative nella regione andina che stanno
sensibilizzando le comunità sulle strategie di adattamento ai cambiamenti in atto nella disponibilità delle risorse d'acqua".
Oltre all'Università di Pisa, partecipano al progetto ricercatori delle università Complutense di Madrid, Santiago de Compostela, Extremadura, Bologna, University of Sheffield (UK), dell'Università Nazionale a Distanza (Spain), National Institute for Glaciers and High Mountain Research (INAIGEM, Perù), Peruvian Space Agency (CONIDA). Partecipano anche tecnici dell'Autoridad Nacional dell'Agua (Perù).
(De: https://www.unipi.it/index.php/news/item/24006-sulle-ande-peruviane-per-studiare-l-evoluzione-dei-ghiacciai). Fotos: 1, 2 e 4: unipi.it; foto 3: gob.pe
Bando per 300 posti di dottorato per UniPi News
Un interessante "news" per tutti gli studenti, tra poco la Versione Spagnola
Sono 300 i posti di dottorato di ricerca messi a bando dall'Università di Pisa a partire da
venerdì 8 luglio, dei quali 266 con borsa di studio, nell'ambito dei 25 dottorati che hanno
l'Ateneo come sede amministrativa.
Il bando è consultabile all'indirizzo: http://www.unipi.it/concorsodottorato, e con la sua pubblicazione parte la campagna di
comunicazione "Un passo in avanti" (unipi.it/dottoratoXXXVIII), a cura del Centro per l'Innovazione e la Diffusione
della Cultura (CIDIC), che pensata per il web e i social vuole sottolineare il valore aggiunto rappresentato dal dottorato di
ricerca sia per il proprio percorso formativo, sia ai fini dell'inserimento nel mondo del lavoro.
Una metà dei corsi di dottorato proposti dall'Università di Pisa riguarda temi a forte vocazione scientifico-tecnologica, mirati agli ambiti della transizione digitale e ambientale e dell'innovazione per la pubblica amministrazione e il patrimonio culturale.
Altrettanti, più orientati alla ricerca applicata e con l'obiettivo di potenziare competenze di alto profilo in ambito industriale,
vedono il contributo e il coinvolgimento diretto delle imprese nel percorso formativo, tramite un periodo di almeno sei mesi
che i dottorandi potranno trascorrere in azienda, creando i presupposti per una loro collocazione futura di alta
specializzazione.
"Fare un dottorato all'Università di Pisa – ha commentato la professoressa Marcella Aglietti,
delegata per il Dottorato di Ricerca - significa ben più che ricevere una borsa. L'Ateneo, che al
momento conta poco meno di mille dottorandi iscritti, rivolge da anni un'attenzione particolare alla
formazione dottorale, anticipando molti dei requisiti già contemplati dai più qualificati standard
internazionali.
In particolare, offre un ampio ventaglio di iniziative mirate – dall'articolata didattica trasversale e soft skills rivolte
all'acquisizione di competenze informatiche, statistiche e linguistiche, alla dimestichezza con la progettualità europea,
l'imprenditorialità e il trasferimento tecnologico, fino all'Open Science – che sono ormai indispensabili per qualunque profilo
intenda inserirsi nel contesto della ricerca italiano ed europeo, pubblico e privato".
"In più – ha aggiunto la professoressa Aglietti – l'Ateneo pisano mette a bando ogni anno finanziamenti straordinari per
favorire e sostenere la crescita accademica e professionale dei dottorandi, le potenzialità dei loro progetti di ricerca e le
opportunità di sviluppo futuro. Risorse aggiuntive sono infatti conferite su base competitiva per l'organizzazione di convegni
scientifici e workshop altamente specializzati, premi per le miglior tesi dottorali, bandi ad hoc per la mobilità all'estero ed
eventi dedicati a promuovere i risultati della ricerca e lo scambio delle conoscenze".
L'offerta dottorale dell'Università di Pisa per il 38 ciclo contempla anche la partecipazione ad altri 11 dottorati in convenzione,
che saranno banditi dalle università capofila, e a 12 dottorati di interesse nazionale, uno alla sua seconda edizione e con
sede pisana, l'ormai celebre dottorato in Intelligenza artificiale, e gli altri a cui l'Ateneo partecipa con propri curricula:
"Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici", "Studi religiosi", "Scienze del patrimonio",
"Theoretical and Applied Neuroscience", "Cybersecurity", "Robotica e macchine intelligenti",
"Space Science and Technology", "Learning Sciences", "Blockchain", "Micro and Nano
Electronics" e "Autonomous System".
(De: https://www.unipi.it/index.php/news/item/23935-pubblicato-il-bando-per-300-posti-di-dottorato-dei-quali-266-con-borsa-di-studio). Foto: unipi.it e Google
Il cuore che si "emoziona" e guida il nostro cervello per UniPi News
Vi presentiamo il recente articolo sullo studio dell'Università di Pisa in collaborazione con l'Università di Padova e
l'University of California Irvine pubblicato nei "Proceedings of the National Academy of Science of the USA"
"Le emozioni nascono nel cuore, e non nel cervello, dicevano i poeti. Ora la ricerca scientifica conferma le fondamenta di
questo topos letterario.
Uno studio dei bioingegneri dell'Università di Pisa in collaborazione con l'Università di Padova e l'
University of California Irvine e pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of
Science of the USA" analizza il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione a fronte
di determinati stimoli e trova nel cuore la radice delle emozioni.
"Che il corpo giochi un ruolo fondamentale nel definire gli stati emotivi è ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità
scientifica – spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione
dell'Università di Pisa e ricercatore al Centro "E. Piaggio" – Tuttavia, se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del
secolo scorso, fino ad ora l'attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del
cervello. E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell'esperienza emotiva cosciente. Noi abbiamo
invece evidenze del fatto che l'attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell'iniziare e nel sentire una specifica
emozione, e precede temporalmente l'attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale.
In sostanza, per dirla parafrasando William James, che fu il padre, insieme a John Lange, della
cosiddetta teoria periferica delle emozioni, non abbiamo la tachicardia perché abbiamo paura, ma la
sensazione di paura è l'esperienza emotiva cosciente innescata dalla tachicardia".
Per dimostrare questa teoria sono stati utilizzati modelli matematici complessi applicati ai segnali
elettrocardiografici ed elettroencefalografici in soggetti sani durante la visione di filmati con contenuto emotivo altamente
spiacevole o piacevole. I ricercatori hanno così scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l'attività cardiaca, che a
sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia. Un continuo e bidirezionale scambio di informazioni tra
cuore e cervello sottende quindi l'intera esperienza cosciente dell'emozione e, soprattutto, della sua intensità. "Ovviamente –
prosegue Valenza – la complessità delle emozioni che proviamo deriva da uno scambio molto complesso tra il nostro sistema
nervoso e i vari sistemi "periferici", ma è l'attività cardiaca, e non quella cerebrale, a dare il via all'esperienza emotiva."
Per potere estrarre da una semplice analisi dell'ECG la valutazione di uno stato emotivo, i ricercatori
hanno sviluppato delle equazioni matematiche in grado di "decodificare" continuamente la
comunicazione cuore-cervello nei diversi stati emozionali.
In pratica, data una certa dinamica cardiaca, in un futuro prossimo, potrebbe essere possibile
comprendere quale emozione è stata provata dal soggetto sotto osservazione, per esempio
utilizzando uno smartwatch.
"La scoperta può avere delle ricadute molto rilevanti sulla comprensione dei disturbi psichici e sulla loro relazione con la
salute fisica – afferma Claudio Gentili, del Dipartimento di Psicologia Generale e Centro per i Servizi Clinici Psicologici
dell'Università di Padova – e può spiegare perché soggetti con disturbi affettivi, come la depressione, sono associati ad una
maggior probabilità di sviluppare patologie cardiache, o, viceversa, tra soggetti con problemi cardiaci quali patologie
coronariche o aritmie si riscontra un incremento di ansia e depressione. Il nostro lavoro, oltre a riportare in auge la teoria
della genesi periferica delle emozioni, conferma le più recenti posizioni neuroscientifiche che propongono di superare il
dualismo tra il cervello inteso come organo esclusivo della mente e il corpo, suggerendo come noi non siamo (solo) il nostro
cervello".
(De: https://www.unipi.it/index.php/news/item/23639-il-cuore-che-si-emoziona-e-guida-il-nostro-cervello. Foto: Google)