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Intelligenza Artificiale “coltivata” direttamente in laboratorio per la SNS News
Si chiama "AICult: Artificial Intelligence with Cultured Neuronal Networks" il progetto di
cui è parte il Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore: obiettivo sviluppare reti
neurali capaci di svolgere compiti di Intelligenza Artificiale. L'articolo è stato pubblicato sul
numero di settembre 2023 di EXL Magazine.
"Il Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore è partner di un progetto per la creazione
di intelligenza artificiale direttamente da cellule cerebrali coltivate in laboratorio.
Si chiama "AICult: Artificial Intelligence with Cultured Neuronal Networks" e ha ottenuto un finanziamento Prin: è
realizzato insieme a Isti-CNR (Principal Investigator) e Sissa di Trieste.
Da anni in ambito medico si cerca di ricreare determinate funzioni cerebrali con programmi di intelligenza artificiale, che si
basano su reti neurali artificiali (ANN). GLI ANN, modelli matematico-informatici ispirati al modello delle reti neurali
biologiche, sono capaci di apprendere perché sfruttano meccanismi simili a quelli dell'intelligenza umana e degli animali più
evoluti. Insomma, funzionano perché "copiano" le reti neurali biologiche vere.
«Il nostro obiettivo è un deciso cambio di paradigma – spiega Federico Cremisi, professore di
Fisiologia della Scuola Normale Superiore -. Le reti neurali che andremo a sviluppare non sono
repliche di modelli, ma reali, coltivate da cellule cerebrali. L'obiettivo è creare dispositivi basati su
colture di cellule cerebrali capaci di apprendere e svolgere compiti di Intelligenza Artificiale. Per ottenere questo saranno
integrate competenze di intelligenza artificiale, neuroscienze e biologia cellulare».
Gli ambiti di applicazione di questa nuova tecnologia sono i più svariati: sicuramente il primo e più immediato è quello
biomedico. Il Laboratorio di Biologia della Scuola Normale è attivo in molteplici filoni di ricerca ma soprattutto sulla plasticità
cognitiva e dunque sullo studio di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer. Dunque è in questo specifico ambito che
potrebbero concentrarsi i primi risultati: la realizzazione di retei neurali coltivate porterà a una migliore comprensione del
cervello biologico e dei suoi meccanismi, con il passo immediatamente successivo che sarà la possibilità di modellare malattie
cognitive in vitro e dunque comprendere a fondo come esse si generano.
Ma questa proposta va oltre il settore biomedico: non è fantascienza poter pensare di realizzare i
futuri computer sostituendo i chip in silicio con colture di cervello create in laboratorio: una
soluzione per avere processori più veloci, flessibili e con consumi di energia molto più bassi.
«Si svilupperanno soluzioni di addestramento e interazione con reti neurali coltivate, utilizzando tecnologie all'avanguardia
come l'optogenetica (la metodologia che permette di stimolare cellule cerebrali con la luce) – conclude Cremisi -. Il successo
di questo lavoro avrà implicazioni nel ridurre l'energia e l'inquinamento associati all'Intelligenza Artificiale basata su reti
neurali artificiali e aprirà nuove opportunità scientifiche».
Il prodotto finale della ricerca sarà un coprocessore AI "biologico" in grado di eseguire compiti AI e
confronti tra normali reti neurali coltivate e reti neurali coltivate di neuroni portatori di mutazioni
genetiche associate a malattie cognitive.
Andrea Pantani
(De: SNS News 20 gennaio 2024)
“Botanici italiani. Cinque secoli di Botanica in 280 biografie” per UniPi News
"Botanici italiani. Cinque secoli di Botanica in 280 biografie" (Ets 2023) è l'ultimo libro del
professore Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico e presidente di Sistema Sistema
Museale di Ateneo.
A partire dall'antesignano Plinio il Vecchio, il volume offre una carrellata di ritratti che va dal XVI
al XX secolo passando per nomi quali Leonardo da Vinci e Luca Ghini che a Pisa fondò il primo
orto botanico accademico al mondo, con scopi di ricerca e didattica.
Ecco un stratto della presentazione del professore Alessandro Chiarucci, presidente della Società Botanica Italiana:
La botanica e il ruolo dei botanici.
(...) Troppo spesso, si usa il termine "botanico" per indicare in modo generico diverse persone, che possono spaziare
dall'appassionato di erbe selvatiche, al giardiniere o all'agronomo. Il botanico non è nessuna di queste figure, o meglio non
basta essere una di queste figure per essere botanico.
Per diventare botanico, nel nostro paese, non esiste un percorso canonico predefinito, ma si parte da percorsi formativi di
ambito scientifico in cui si apprendono conoscenze sulla biologia, l'evoluzione, la sistematica, la biogeografia e l'ecologia delle
piante. Ma talvolta diventano botanici persone che hanno svolto studi in percorsi diversi, ad esempio quelli più tecnici.
Insomma, si può essere botanici partendo da strade diverse, ma è necessario dedicare tanta attività di studio alla
comprensione scientifica di questi diversificati organismi.
In Italia abbiamo avuto una ricca storia di studi botanici, contribuendo in modo significativo allo sviluppo delle conoscenze
globali su piante, alghe, funghi e licheni. Si tratta di organismi diversi tra loro, studiati da persone con diverse conoscenze,
ma tutti riconoscibili come botanici o botaniche.
La "casa comune" della Botanica ha ospitato, e continua ad ospitare, persone con interessi focalizzati su svariati aspetti di organismi così diversi.
Ma, come in tutte le cose umane, è la qualità delle persone che fa la differenza. Anche la Scienza è fatta di persone, e sono
necessarie persone di qualità per fare scienza di alto valore. La Botanica non fa eccezione ed è arrivata dove è arrivata grazie
a persone spesso eccezionali, dei cui meriti dobbiamo avere memoria. Sulle spalle dei giganti si vede lontano, dice una nota
massima.
Il libro Botanici italiani di Lorenzo Peruzzi raccoglie una serie di biografie di persone che hanno rivestito un ruolo importante per lo sviluppo e l'accumulo di conoscenze botaniche, molti dei quali sono stati dei veri e propri giganti.
Da Plinio il Vecchio e Leonardo da Vinci, fino a colleghe e colleghi dei nostri giorni. L'autore ha avuto il grande merito di
raccogliere brevi, ma precise biografie di ben 280 personalità botaniche del nostro paese, rendendo disponibile a tutti le
informazioni sulla loro vita, i loro studi e il loro contributo allo sviluppo della Botanica.
(...) una opera che celebra queste persone, a cui tanto dobbiamo in termini di conoscenza e di progresso scientifico.
Alessandro Chiarucci
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e Presidente della Società Botanica Italiana
(De: UniPi news, pubblicato il 3 novembre 2023)
Ritrovate sull’Appennino le tracce fossili dei più antichi pesci abissali per UniPi news
La scoperta retrodata la loro comparsa di 80 milioni, ricerca pubblicata su PNAS
Scoperte sull'Appennino le evidenze dei più antichi pesci abissali al mondo. Il ritrovamento delle tracce fossili retrodata la comparsa di questi vertebrati di 80 milioni di anni, al tempo dei dinosauri. La notizia arriva da una ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon e di cui fa parte il professore Luca Pandolfi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences.
"Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell'Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi", racconta il professore Pandolfi.
Il motivo dello stupore è la loro età, che precede di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali. I fossili appena scoperti risalgono infatti all'inizio del Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa) e rivelano la presenza dei pesci abissali già al tempo dei dinosauri.Ma non basta, si tratta di reperti particolarmente rari ed insoliti. Non sono infatti ossa, ma tracce che registrano il comportamento di animali scomparsi milioni di anni fa, come l'impronta sinuosa della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo.
Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali i ricercatori hanno quindi esplorato le profondità dell'Oceano Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma. Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni 'pesci-lucertola' (Bathysaurus).
"Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna", dice Baucon "sono reperti che riscrivono il 'come' ed il 'quando' della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione".
Tracce fossili prodotte da pesci e ricostruzione del loro meccanismo di produzione. Foto di un campione reale e ricostruzione 3D a falsi colori di un altro campione. Negli sketch un tentativo di ricostruzione del meccanismo di produzione delle tracce fossili di alimentazione a scodella (fp), secondo il quale un pesce espone la sua preda al flusso dell'acqua e ricostruzione del meccanismo di produzione delle piste di movimento(st) e di nutrizione (ft).
Da qui, ancora, l'eccezionalità del ritrovamento che ci racconta come migliaia di metri sotto la superficie dell'Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme. Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri. Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell'aria.
Lo studio, finanziato della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC), ha beneficiato della collaborazione di istituzioni scientifiche di Italia (Università di Genova, Modena e Reggio Emilia, Padova, Pisa, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige), Portogallo (Geoparco UNESCO Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell'Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen). Lo studio ha beneficiato di un significativo finanziamento da parte della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC).
(De: https://www.unipi.it/index.php/news/item/26584-ritrovate-sull-appennino-le-tracce-fossili-dei-piu-antichi-pesci-abissali)
...work on progress!